Parrocchia San Giovanni Battista - Asso

La chiesa prepositurale

 

Il Campanile

Nel 1570 San Carlo aveva prescritto: “Si faccia un campanile” ed il prevosto Girolamo Curioni (1517-1609) dispose l’inizio dei lavori su progetto attribuito all’architetto Pellegrini. Ma solo nel 1598 furono effettuati gli scavi di fondazione e, nel 1604, fu posta la prima pietra. L’elegante costruzione, tutta in pietra viva, ebbe termine il 14 giugno 1639 e sulla sommità del suo cono in cotto fu posta la croce (la balconata dell’orologio si trova a 34 metri di altezza e la croce raggiunge i 44 metri). Lo stesso anno venne collocato sul campanile un concerto di quattro campane. Il 29 settembre 1901 fu inaugurato il nuovo concerto di sei campane in do (do 3 scala diatonica maggiore) che venne benedetto dal Vescovo Angelo Maria Mantegazza, ausiliario di Milano. Le sei campane portano, in latino, i seguenti motti: prima – Onoro i giorni di festa; seconda – Disperdo i temporali; terza – Piango i defunti; quarta – Raduno il Clero; quinta – Chiamo il popolo; sesta (campanone) – Lodo il Vero Dio. Dal 1979, le campane vengono fatte suonare mediante un impianto elettrico.

Costruzione della nuova chiesa

Accanto al nuovo campanile troppo stonava l’antica cadente chiesa plebana e quindi la necessità di sostituirla con una più ampia e decorosa si fece sempre più impellente. Nel 1634 il clero e i rappresentanti delle principali famiglie del paese decisero di demolire la chiesa antica – e ciò ebbe luogo nello stesso anno – e di abbattere alcune case vicine per ottenere un’area più vasta. Il progetto della nuova fabbrica e della facciata sono opera dell’ingegner Rusconi (ma il pronao, formato da un attico sorretto da due colonne, davanti alla porta principale non venne realizzato e la facciata – iniziata nel 1667 – fu portata a termine solo nel 1962). Si cominciò a raccogliere il materiale occorrente e, ricorda il prevosto Mazza, le pietre si ricavarono per la maggior parte da un gran masso erratico che esisteva in un fondo in Cim’Asso. Nel 1641 ebbe inizio lo scavo delle fondamenta. La chiesa venne portata a termine nel 1675. Fu consacrata il 31 maggio 1752 dal Cardinale Giuseppe Pozzobonelli e dedicata a San Giovanni Battista, patrono di Asso e della Vallassina. La cappella di Sant’Antonio da Padova venne edificata nel 1680 e, nel 1699, fu realizzata la nuova sagrestia. La grande scalinata davanti alla chiesa, costruita nel 1750, venne sostituita con quella attuale negli anni sessanta del secolo scorso.

L’esterno della chiesa

Come abbiamo detto, la facciata della chiesa venne completata, nel 1962, per volontà di Monsignor Giuseppe Castiglioni, in base al disegno originale dell’ingegner Rusconi. E’ da osservare che fino alla metà del diciannovesimo secolo non esisteva la piazza davanti alla scalinata della chiesa. Questa venne infatti realizzata nel 1855 quando, in occasione della costruzione del palazzo comunale di piazza Mazzini, vennero demolite alcune antiche case per creare un luogo dove si tenesse il mercato settimanale. Dopo questo intervento la chiesa prepositurale si venne a trovare in una posizione più scenografica sopra la grande scalinata. Il 16 settembre 1923 furono inaugurate le due lapidi poste ai lati della facciata. La lapide di sinistra è dedicata ad Achille Ratti, Pio XI, “Colui che, oggi salito alla più alta dignità della terra, eravamo soliti chiamare il nostro don Achille; Colui che padre spirituale delle anime nostre, ancora raccoglie dai figli suoi il sincero omaggio del più devoto affetto, della più profonda venerazione” (Rodolfo Ratti). In essa è riportato il breve pontificio in cui è concesso in perpetuo ai prevosti di Asso il titolo di Monsignore. La lapide di destra ricorda don Damiano Ratti, lo zio paterno di Achille Ratti, “quasi secondo padre … così santamente benemerito in tanti anni di ministero pastorale” (Achille Ratti). Una lapide, collocata sul lato settentrionale della chiesa, ricorda l’assese Padre Giovanni Crippa (1861 – 1941). Entrato in seminario nel 1885 a Torino presso il Collegio salesiano di San Giovanni Evangelista, a San Benigno, sotto la guida di don Bosco, rafforzò la sua vocazione e, ancora studente, venne mandato in America dove completò la preparazione al sacerdozio e alla missione. Padre Crippa svolse la sua opera missionaria in Uruguay e in Brasile. Gravato dagli anni e dalle fatiche, si spense, in odore di santità, a Tres Lagoas (Mato Grosso), a ottanta anni di età, cinquanta di professione, quarantasette di sacerdozio. Lungo il lato settentrionale della chiesa si trovava l’antico cimitero che venne spostato nella sede attuale a partire dal XVIII secolo. Documenti conservati nell’archivio parrocchiale attestano che “nel 1729, sul fondo del giardino prepositurale, si fabbricò l’ossario per levare quello che nel 1688 era presso la Battesimale antica.” Proprio in piazza Ratti, sul finire del secolo scorso, (a poca distanza dalla porta laterale che immette nella canonica), avvenne un limitato cedimento del fondo stradale e fu allora scoperto un piccolo locale sotterraneo (lungo pochi metri, alquanto basso e con il soffitto a volta), dov’erano accumulate ossa umane. Si può quindi dedurre che gli antichi ossari in piazza Ratti fossero due: uno venne trasportato nel giardino della prepositurale e l’altro non subì spostamenti.

L’interno della chiesa

Iniziamo la descrizione dell’interno della chiesa entrando sulla sinistra dell’ingresso principale. L’aula spaziosa ci accoglie, avvolta in una gradevole penombra, mentre man mano si svela l’abbondante, ma non eccessiva, decorazione di gusto barocco. Di fianco all’ingresso laterale, una lapide ricorda la consacrazione della chiesa. Passiamo quindi ad osservare le opere di maggior pregio, cominciando dal dipinto ovale a olio del sec. XVII, di autore ignoto, che raffigura il Battesimo di Gesù. Lungo la navata, sopra l’altare dell’Annunciazione, si ammira la splendida pala, attribuita al pittore cremonese Giulio Cesare Campi (1570 ca.). La provenienza è riferibile alla famiglia degli Sfondrati, feudatari di Vallassina dal 1533 al 1788, quale donazione da loro fatta alla chiesa di Asso. Notevole anche la monumentale cornice in legno intagliato e policromo (artigianato lombardo del secolo XVII). Sempre a sinistra dello stesso altare la nicchia, dove si trovava un tempo la vasca battesimale, fu sede, per alcuni anni, di un’opera pregevole: una statua della Madonna con il Bambino, in pietra grigia, oggi attribuita a Tommaso Rodari (inizi secolo XVI). Dal 2003, la scultura, apprezzata per la delicatezza e la morbidezza della lavorazione, è esposta presso il Museo Diocesano di Milano. Attualmente in questa nicchia è posta un’immagine di San Pio da Pietrelcina. Nella parete a sinistra della stessa cappella, è incastonata una piccola pietra di rozzo marmo rosa, proveniente dalla primitiva prepositurale, su cui sono incisi una croce, a braccia brevi e irregolari, e una circonferenza tagliata da tre diametri che rappresenta un monogramma di Cristo. A sinistra, giunti al centro della parete laterale vediamo (sopra l’andito d’accesso verso piazza Ratti) il primo dei tre affreschi eseguiti nella prepositurale, negli anni 1874-75, dal pittore Raffaele Casnedi (1822-1892) e realizzati per ordine del Prevosto Don Damiano Ratti. Soggetto di questo dipinto è la “Fuga in Egitto della Sacra Famiglia”. La parete su cui è dipinto l’affresco venne costruita chiudendo il locale dove anticamente trovava posto la schola cantorum. Segue la cappella dedicata al Sacro Cuore di Gesù. Fino ai primi anni trenta, era la cappella di Santa Marta dove si trovava la grande tela – poi trasferita sull’altra parete della chiesa, a destra, entrando – che era la pala dell’altare della antica chiesa di Santa Marta, oggi non più esistente. Dal 1933, sopra il nuovo altare in marmo della cappella, è posta la statua del Sacro Cuore. Sotto la mensa vediamo l’artistica urna con il simulacro di San Feliciano martire. In essa sono conservate le reliquie del Santo, provenienti dalle catacombe romane, che il Cardinale Schuster recò personalmente in dono alla comunità di Asso nel settembre del 1933. Sulle lesène dell’arco, si trovano due dipinti a olio su tavola che raffigurano: S. Vincenzo de’ Paoli, e S. Maria Margherita; opere del pittore Fausto Codenotti (secolo XX). Notiamo anche due confessionali. Il primo è a destra dell’altare del Sacro Cuore. Il secondo (dirimpetto, sull’altro lato della chiesa) si trova a sinistra dell’altare della Madonna con il Bambino. Questi confessionali, opere dell’artigianato locale, sono in legno di noce (fine secolo XVII – inizio secolo XVIII). Siamo giunti al monumentale pulpito, in legno intagliato, nero e dorato, pregevole lavoro di Fedele Pirovano (1685). L’opera esalta la predicazione di Giovanni Battista ed è sorretta dalle statue lignee dei quattro evangelisti poste a guisa di cariatidi. Nel presbiterio, vediamo l’altare in marmo per le celebrazioni rivolte al popolo. Questo altare, e la modifica alle balaustre, furono realizzati nei primi anni settanta e la solenne consacrazione ebbe luogo il 3 settembre 1972 per mano del Cardinale Giovanni Colombo. Dall’abside possiamo intanto osservare, sopra il portone dell’entrata principale, la balconata sede degli antichi organi e delle corali che si susseguirono dalla fine del XIX secolo al 1991. Dai documenti d’archivio, apprendiamo che nel 1806 la Fabbriceria aveva fatto sostituire il vecchio organo con uno nuovo che funzionò fino al 1858. Il Prevosto Don Damiano Ratti decise poi la collocazione di un altro organo, che fu utilizzato per 88 anni. Nel 1946 venne installato l’allora moderno organo “elettrofonico” Hammond. E infine, nel 1991, fu collocato, nel coro dietro l’altare, l’attuale grandioso organo Zanin. Per quanto riguarda le decorazioni interne della chiesa, abbiamo notizie fin dal 1675, cioè da quando l’edificio fu portato a termine. Ma la realizzazione delle prime decorazioni a stucco è datata 1874, e fu il prevosto Don Damiano Ratti che dispose e continuò questi lavori anche negli anni 1876-1877. Ne furono artefici: per le decorazioni Carlo Inganni e la ditta Valentini e Bernasconi di Milano; per le verniciature e dorature i fratelli Cordini; e per le parti in stucco Bernardo Soldati. Così il Prevosto Don Rodolfo Ratti trovò la nostra chiesa quando divenne parroco di Asso, nel 1913. Era decorosa, ma la volta e le pareti erano quasi nude poiché solamente pochi stucchi ornavano l’arco della cappella della Madonna e altri correvano, tutt’intorno, sotto il cornicione. Dal 1928 al 1933 Monsignor Ratti dispose e portò a compimento radicali lavori di restauro e di decorazione. La direzione dei lavori venne affidata all’architetto Cabiati e poi a Giulio Cassina (direttore e decoratore). Dall’abside, innalzando lo sguardo alla volta della chiesa tutta decorata in stucchi, incontriamo diverse opere realizzate in quegli anni dai pittori Fausto Codenotti e Luigi Cavallini. Decoratore in stucco fu Giuseppe Mazza di Milano. Il grande affresco centrale celebra la gloria di Santa Apollonia vergine, martire (compatrona – con S. Giovanni Battista – della chiesa di Asso). Sulla volta, affacciati alle vele delle quattro finestre, si distinguono gli affreschi dei profeti Geremia, Elia, Malachia e Isaia. Ancora dall’abside ammiriamo le artistiche vetrate. Quella sulla facciata fu collocata nel 1926 a perenne ricordo della Festa della Regalità di Cristo. Recentemente restaurata, rappresenta Cristo Re, e reca il motto di Papa Pio XI: Pax Christi in regno Christi. Poi, sempre dal 1928 al 1933, (su disegni di Codenotti e Cavallini e messa in opera dell’artista del vetro Celeste Visioli di Milano) seguirono i lavori per le vetrate che vediamo sotto la volta della chiesa, del coro, e nella cappella di S. Antonio. Esse rappresentano: San Francesco tra i Mori, la Comunione di San Luigi con San Carlo, Santa Mustiola, San Giuseppe, la Vergine Maria e la deposizione dalla Croce. Osserviamo anche il pavimento della chiesa: parte in piastrelle di marmo e parte in mosaico. La nostra visita prosegue dal presbiterio dove si è subito attratti dal monumentale ciborio di legno intagliato che si erge imponente in forma di tempio (largo 478,4 cm, profondo 145 cm e alto 780 cm). Se ne ammirano i giochi policromi – finto bronzo e oro – la ricchezza delle decorazioni e le tante statue, anche se alcuni furti hanno privato l’altare di parecchie sculture. L’opera, realizzata verso il 1680, è citata negli atti della Visita pastorale del 1686 e viene attribuita ad un artista ignoto del periodo barocco (forse un “seguace del Taurino”). Le parti strutturali sono in legno di larice e abete, mentre l’apparato scultoreo è in legno di tiglio. Particolarmente mirabile, per composizione e finezza, il rilievo che adorna la porticina del tabernacolo (raffigura la deposizione dalla croce) e – nella nicchia sopra il tabernacolo – la rappresentazione dell’ultima cena. L’altare è stato sottoposto a un restauro conservativo nel 2008 per fissarne lo strato pittorico e preservarlo dai danni provocati da insetti xilofagi che ne avevano indebolito varie parti. Caratteristici, presso l’altare maggiore, sono anche i mobili del presbiterio e i candelabri: opere dell’artigianato lombardo (probabilmente della seconda metà del XIX secolo). Nella lunetta che sovrasta l’altare possiamo ammirare uno dei più celebrati affreschi di Raffaele Casnedi: la predicazione di San Giovanni Battista nel deserto (1874-1875). Sulle pareti laterali del presbiterio campeggiano due grandi tele ad olio. Quella a sinistra (sopra l’uscita verso la casa parrocchiale) raffigura la nascita di San Giovanni Battista di autore ignoto, probabilmente del XVII secolo. L’altra, a destra (sopra l’ingresso della sagrestia), rappresenta la decollazione di San Giovanni Battista: opera di “raro vigore disegnativo e coloristico” del pittore fiammingo Giovanni Van Dael (1764-1840). I lavori del coro e dell’abside dell’altare maggiore – affidati a Giulio Cassina – vennero realizzati nel 1929, anno della Riconciliazione e del Concordato, e quindi i richiami pittorici e decorativi sono dedicati al pontificato di Achille Ratti – assese d’adozione – che, nello stesso anno, celebrava il cinquantesimo di Messa. Tutt’intorno alla parete spiccano le parole in latino: Nel 50º di sacerdozio, a Pio XI il popolo di Asso con grato animo dedicava 1879-1929. Il pavimento, in marmo, porta nel centro lo stemma papale con la data 11 febbraio 1929 e, nel contorno, la storica frase: Abbiamo ridato Dio all’Italia e l’Italia a Dio. Sotto la volta ci sono tre quadri ad olio. Quello centrale raffigura le Chiavi del regno dei Cieli sorrette da due angeli, con visione della Basilica di San Pietro di Roma. Il quadro a destra (dedicato a S. Rita da Cascia) rappresenta il Pastore che accarezza le pecorelle. Quello a sinistra simboleggia la Nave di Pietro protetta dal Redentore. Anche l’abside e la volta dell’altare maggiore vennero decorate a stucchi dando risalto a diversi simboli eucaristici ed alla mistica Colomba che si libra sul vertice della volta. Il grande Crocifisso collocato sotto l’arco del presbiterio proviene dalla Battesimale antica e fu portato nella prepositurale alla fine del XVII secolo. Il coro è oggi in gran parte occupato dall’organo realizzato da Gustavo Zanin nel 1972 e donato alla chiesa dal pittore Salvatore Fiume. Fatto costruire dallo stesso artista, lo strumento, che dispone di 2138 canne, 40 registri, tre tastiere e una pedaliera, fu protagonista, a Canzo, di rinomati concerti in casa Fiume. Nel 1991 venne smontato e quindi ricostruito, ad Asso, con un complesso e delicato lavoro cui tanto contribuì l’impegno del prevosto Monsignor Bruno Colombo, dei collaboratori, e la generosità di Monsignor Cesare Curioni. L’inaugurazione ebbe luogo il 15 giugno 1991 e l’organista maestro Carlo Stella tenne il primo concerto. Durante le funzioni religiose, le sue note accompagnano e danno grande solennità alla liturgia ed ai canti eseguiti dalla Corale.

La sagrestia.

L’ampio locale fu costruito nel 1699, ed il pavimento venne rifatto negli anni ottanta del secolo scorso. Notiamo subito – oltre ai mobili a parete per gli arredi e agli armadi in legno di noce – il grandioso banco da paramenti (secolo XIX), in perfetto, finissimo maggiolino. E’ opera di Giovanni Battista Abbiali di Mandello a cui sono attribuiti altri lavori nel coro e il baldacchino. In sagrestia sono pure notevoli gli arredi sacri: reliquiari, dipinti, quadri, ecc., e si conserva ab immemorabili la reliquia (un dente) di Santa Apollonia, invocata contro ogni forma di mal di denti. Alle pareti vediamo la grande fotografia di Pio XI, donata dallo stesso Papa alla comunità assese nei primi giorni del suo pontificato, con la dedica autografa: “Ad Asso cara patria di adozione ed a tutti i suoi figli in G.C. dilettissimi, di cuore benedicendo – Pio P.P. XI”. Accanto vediamo le fotografie del prevosto Monsignor Rodolfo Ratti e di Don Damiano Ratti. Notiamo anche le medaglie al merito scolastico offerte in dono al Santo Crocifisso da Achille Ratti quando era studente liceale. Alle pareti alcuni dipinti a olio su tela (del secolo XVII) raffigurano: la Deposizione, San Carlo, il martirio di Santa Apollonia, il Santo Crocifisso e la natività di San Giovanni Battista. Nel corridoio che collega la sagrestia alla cappella di Sant’Antonio si trovano tre ritratti a olio di illustri rappresentanti della famiglia Curioni. Di particolare interesse quello del prevosto Girolamo Curioni, dipinto nel 1608. Ridiscendiamo ora nella navata centrale e – tra la balaustra del presbiterio e la cappella della Madonna – ammiriamo il tempietto del fonte battesimale, in legno intagliato e dorato. Opera dell’artigianato locale (fine XVII secolo), è da collegare agli intagliatori dell’altare e del pulpito. Segue la cappella della Madonna del Rosario, con il Bambino in braccio. E’ ignoto l’autore di questa statua, in legno intagliato e policromo, realizzata verso la metà del secolo XIX e poi restaurata e decorata nel 1928. Gli otto quadri a olio su tela, posti nell’arco della cappella, sono opera del pittore Fausto Codenotti, che li eseguì negli anni 1926-1928 con soggetti riferiti alla Beata Vergine del Rosario. Vediamoli da sinistra, notando che il primo e l’ultimo quadro sono aggiunti sulle pareti laterali. Essi raffigurano: San Pio V e la visione della vittoria della flotta cristiana su quella turca a Lepanto; L’Annunciazione; due angeli con fiori che reggono la scritta “Regina Pacis”; L’incoronazione di Maria Santissima; due angeli con fiori che reggono la scritta “Rosa Mistica”; La Crocifissione di Cristo; L’Addolorata; Leone XIII che dà alla cristianità l’enciclica che esalta la pratica del Santo Rosario. La cappella della Madonna presenta la decorazione a stucco più ricca della chiesa e il pavimento, in marmo, reca il nome della donatrice Flora Curioni. Al centro della parete destra della chiesa si trova la cappella di Sant’Antonio, aggiunta nel 1680 e decorata nel 1933 da Fausto Codenotti. Essa ospita: la statua (in legno intagliato e policromo) di Sant’Antonio di Padova con il Bambino Gesù. L’opera – di autore ignoto – si ritiene realizzata verso gli inizi o la metà del secolo XIX. Nelle tre lunette della volta (purtroppo scurite per infiltrazioni d’acqua), sono dipinti episodi della vita di Sant’Antonio (oli su tela di Fausto Codenotti – 1933). Sulla destra della cappella troviamo la statua di Santa Rita da Cascia (qui posta negli anni sessanta), sulla sinistra è collocata la statua di S. Michele Arcangelo donata nel 1997 dai concittadini gravinesi per tener desto il ricordo della patria d’origine e delle loro tradizioni. Nella cappella di Sant’Antonio, il 9 febbraio, viene esposto il dipinto a olio – solitamente conservato in sagrestia – che raffigura il martirio di Santa Apollonia, e un gran numero di fedeli si avvicenda per il tradizionale “bacio del dente”. Sopra l’arco d’ingresso alla cappella di Sant’Antonio ammiriamo il terzo affresco (1874-1875) di Raffaele Casnedi, che raffigura La cacciata dal Paradiso terrestre. Lungo la parete laterale, verso l’uscita dalla chiesa, osserviamo il grande dipinto a olio su tela (cm. 270 x 208), attribuito a Carlo Nuvolone detto il Panfilo (1608-1662 ?). Esso raffigura Santa Marta, Santa Maria Maddalena, San Lazzaro ed altri Santi, e si riferisce alla liberazione della città francese di Tarascona dalla Tarasca, un leggendario drago. Lungo le pareti della navata centrale, sono collocate le raffigurazioni delle stazioni della Via Crucis. Questi quadri, opera e dono del pittore assese Luigi Antonio De Muro (1924-1992), furono benedetti dal Cardinal Martini, il 29 aprile 1984, in occasione dell’inaugurazione del nuovo Centro Oratoriano Pio XI. Avviandosi verso l’uscita si vedono– a sinistra della porta laterale d’ingresso – la lapide che ricorda l’opera del prevosto Monsignor Rodolfo Ratti e un dipinto, racchiuso in una cornice ovale, che rappresenta San Giuseppe e Gesù Bambino (olio su tela di autore ignoto del XVII secolo).

Tratto da La Chiesa Prepositurale di Asso, Roberto Nava, Asso febbraio 2011.