Parrocchia San Giovanni Battista - Asso

 

Costruito in posizione dominante sopra Scarenna e la piana del Lambro, l’oratorio dei Santi Giovanni e Paolo è una delle chiese più antiche della Valle. Davanti ad esso si inerpica quella che, in epoca romana, era probabilmente l’unica strada di accesso ad Asso e alla Vallassina. Confrontando le attuali misure della chiesa con quelle dei rilievi delle visite pastorali del Cinquecento appare evidente che questo oratorio, seppure con qualche modifica, è uno dei pochi edifici della Vallassina che ha conservato l’originario impianto medioevale.

La parte antica della chiesa, costituita da un’unica aula rettangolare chiusa ad est da un’abside semicircolare, è preceduta da un profondo portico, realizzato – nel XVIII secolo – in pietre a vista, al quale si accede dai lati sud ed ovest, attraverso due ampie arcate con volta in mattoni, attualmente chiuse da cancellate di ferro. L’interno del portico è intonacato e decorato, nel margine superiore, da una moderna fascia a motivi vegetali che prosegue anche sulla facciata della chiesa sottolineandone la forma a capanna. Nella fascia, il Dottor Luigi   Oltolina fece trascrivere in caratteri gotici il testo dell’”Epilogo” (“Giunto sul passo estremo della più estrema età…”) tratto dall’opera Mefistofele di Arrigo Boito. Il portale, con stipiti e architrave in granito, è affiancato da due finestre rettangolari con il lato più lungo disposto in senso orizzontale.

I fianchi esterni della chiesa, in pietre a vista, presentano una leggera rientranza che evidenzia il punto di innesto dell’abside nel corpo della navata. L’abside risulta spartita orizzontalmente in due zone di cui quella inferiore è divisa in quattro settori da tre lesene che alternano, in modo abbastanza regolare, pietre più grandi disposte verticalmente ad altre molto più piccole, in modo da creare una sorta di motivo ornamentale a fasce. Le lesene terminano in corrispondenza di un’evidente fascia di pietre scure che segna la probabile altezza originaria dell’abside, poi alzata fino a raggiungere il livello della navata. La sopraelevazione, che costituisce la zona superiore dell’attuale abside, risale al XV – XVI secolo ed è stata realizzata in pietre a vista legate da abbondante malta. Si può quindi ritenere che la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo avesse in origine un’abside molto più bassa di quella attuale ed esternamente coperta da un tetto in beole di forma semiconica, simile a quella che   troviamo ancora oggi, nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Barni.

Sul lato sud della chiesa si aprono due finestre rettangolari: una  dà luce alla navata e l’altra all’abside. All’interno la chiesa è intonacata di bianco e decorata con moderne fasce ornamentali. Sulla parete destra e sinistra restano due affreschi, parzialmente conservati, del cinquecento. L’abside, leggermente più stretta della navata, è divisa in tre sezioni da lesene aggettanti. Un alto cornicione in gesso segna il punto di imposta del catino che appare diviso in tre vele, ciascuna con una lunetta alla base. Sulla parete destra della navata è rappresentata, entro una cornice, un’Adorazione dei magi attribuita, un tempo, a Giovanni da Milano e, più recentemente, ad Andrea de’ Passeri, da M. Natale (Andrea de’ Passeri in La pittura in Brianza e in Valsassina dall’alto medioevo al neoclassicismo, a cura di Mina Gregori, Milano 1993, 255-256) che data l’affresco tra il 1513 e il 1518. O. Zastrow (Affreschi gotici nella provincia di Lecco, II, 1990,  198-199) ritiene invece il dipinto opera di un artista attivo nella seconda metà del XV secolo. All’estremità sinistra dell’affresco è raffigurata una colonna con capitello che sorregge la capanna della Sacra Famiglia. Al di sopra del   capitello è dipinto, come se fosse appeso, uno stemma a forma di scudo con il fondo azzurro. Nella parte destra dell’affresco sono rappresentati i magi e alcuni cavalieri, tra cui un falconiere, in abiti rinascimentali. Sulla parete sinistra della navata sono raffigurate le immagini dei due Santi Giovanni e Paolo, titolari della chiesa, in veste di cavalieri armati che sostengono insieme un grosso libro. Questo affresco, per quanto mal conservato, denuncia una mano diversa da quella dell’autore dell’Adorazione e lo Zastrow tende a  datarlo alla prima  metà del Quattrocento. Anche le immagini dei due santi sono inquadrate in una cornice dipinta, interrotta sulla destra da uno stemma di forma circolare che mostra l’elegante immagine di un cigno. Questo stemma potrebbe essere quello della nobile famiglia Parravicini di Scarenna che, ricorda il Mazza nelle  sue Memorie storiche, già nel XIII secolo era una delle più antiche e potenti della Vallassina e che, nel XV secolo, godette vari privilegi concessi dal duca Francesco Sforza.

Le origini antiche della chiesa sono attestate da Goffredo da Bussero che, alla fine del XIII secolo, la elenca tra quelle della diocesi di Milano dedicate ai Santi Giovanni e Paolo. La prima descrizione della chiesa risale alla visita pastorale di Monsignor Leonetto Chiavone, del 1567. Egli segnala la copertura in beole, che necessita di riparazioni, e il campanile a vela, collocato al vertice della facciata a capanna, dove vi è il piastrello, ma manca la campana. Il 25 ottobre 1570 la   chiesa è visitata da San Carlo Borromeo. L’altare si trova in una nizza, ossia nell’abside di forma semicircolare, e vengono indicate le misure della chiesa che verranno poi ripetute sul rilievo planimetrico del 1577 fatto eseguire in occasione della visita pastorale di Monsignor Porro. Nel 1603 Monsignor Cipolla rinnova le richieste di manutenzione del tetto della chiesa e chiede di imbiancare e affrescare l’abside e di aprire una finestra nella parete sud della navata. Altre notizie si hanno in occasione della visita pastorale del Cardinale Giuseppe Pozzobonelli, del 1752. Don Carlo Mazza alla descrizione della chiesa allega una planimetria dell’edificio.  Non indica però il portico settecentesco e tratteggia, presso l’angolo sud-ovest della chiesa, una zona in cui pone la dicitura “vestigi della casa di un eremita dove fu allevato San Miro”. La storia della chiesetta dei SS. Giovanni e Paolo è infatti collegata ad episodi della vita di San Miro di Canzo. Rimasto orfano a dodici anni, “San Miro fu affidato alle cure di un eremita che dimorava nell’antico Oratorio di Scarenna”. Egli rimase accanto a lui “crescendo, sotto la sua guida, alla pietà ed alla virtù″. Maestro e discepolo vissero in comunione d’intenti e di vita per circa vent’anni. Una vita fatta di pace, di preghiera e di lavoro per avere il necessario sostentamento.  Quando, nel 1368, il maestro morì, San Miro intraprese il suo pellegrinare. Lo storico Gianola (in La Vallassina. Memorie civili e sacre, Milano, 1898) segnala che tra il Cinquecento e il Seicento l’oratorio era diventato la chiesa del lazzaretto e che nel cimitero circostante erano stati sepolti i morti delle pestilenze che avevano investito la Vallassina nel 1510, nel 1576 e nel 1650. Durante la prima guerra mondiale l’Oratorio venne usato come lazzaretto ed anche come prigione. Nel 1923 l’oratorio fu acquistato dalla Ditta Oltolina che ne curò un primo restauro per ripristinarlo al culto. Il 26 giugno, data sacra alla memoria dei Santi Giovanni e Paolo, si celebra la Messa nella chiesetta, consuetudine ripresa dopo altri lavori di restauro portati a termine nel 1993. (Notizie tratte da Architettura medioevale nella pieve di Asso, tesi di Maria Concetta Scilipoti, Milano, 1997).

R.N.